Perché a distanza di appena tredici anni fu emanato un nuovo provvedimento contro la massoneria? Chi era Prospero Lorenzo Lambertini, divenuto papa Benedetto XIV, che pubblicò la bolla nel 1751? Senza alcuna ombra di dubbio, Benedetto XIV fu uno dei papi più importanti nella bimillenaria storia della Chiesa Cattolica, e probabilmente il pontefice più rappresentativo dell’età moderna.
Prospero Lorenzo Lambertini (1675-1758) fu uomo di grande ingegno e cultura, che si evidenziò a partire dall’età di cinquant’anni, dopo una giovinezza di studi e formazione diplomatica. Nominato vescovo e cardinale di Ancona prima ed arcivescovo di Bologna poi, fu mecenate di arti e scienze, ammiratore del genio femminile tanto da procurare una cattedra d’insegnamento all’Università per la scienziata Laura Bassi (madre di otto figli e studiosa di biologia, matematica, logica, filosofia, latino, greco e francese) e per la matematica Maria Gaetana Agnesi, oltre ad istituire la prima cattedra di ostetricia in Italia. Eletto papa nel 1740, impostò la prima parte del pontificato su una linea di riforme profondo rinnovamento della Chiesa, all’insegna di un illuminismo cattolico , che voleva temperare modernità e tradizione.
Amante delle lettere, manteneva rapporti sia con sovrani (Francesco I, Maria Teresa d’Austria, Luigi XV di Francia, Carlo III di Napoli, per citare i più importanti) che con intellettuali “non allineati” come Scipione Maffei, Antonio Genovesi, Ludovico Antonio Muratori, Voltaire, che gli dedicò provocatoriamente, secondo il suo stile, un’opera dal titolo “Maometto”, suscitando clamore negli ambienti curiali tradizionalisti, raccogliendo però stima da atei e protestanti per la sua tolleranza.
Gli ultimi otto anni di pontificato, invece, furono differenti, caratterizzandosi in una revisione dei principi illuminati che lo avevano finora guidato, sviluppando una politica di rigore. E’ del 1751, infatti, la pubblicazione della bolla contro la Massoneria, che rappresenta il momento culminante della lotta contro la diffusa massoneria napoletana, che nasce dall’influenza esercitata su di lui dal gesuita Francesco Pepe, dal domenicano Guglielmo Rocco e dal francescano Leonardo da Porto Maurizio (successivamente elevato alla gloria degli altari), che con la loro predicazione popolare ed il loro sobillamento della corte borbonica portavano avanti un’incessante opera antimassonica in una città ove le associazioni massoniche erano le più sviluppate tra gli stati regnicoli.
Nel merito, la bolla sviluppa in sei punti chiari il senso tutto politico ed affatto religioso del provvedimento. Papa Benedetto esordisce precisando che è << assai utile eliminare tutti i sotterfugi dei calunniatori>>, riferendosi alle dicerie sulla sua presunta appartenenza all’ordine massonico, e di conseguenza la <<pena di scomunica imposta dal Nostro predecessore non è più operante perché la relativa Costituzione (la bolla “In eminenti”) non è poi stata da Noi confermata>> perché non sarebbe stato d’accordo né per l’analisi né per la sanzione della scomunica. Era quindi, interesse del pontefice fugare ogni dubbio sulla sua persona confermando il provvedimento clementino. Del resto, lo stesso papa manifestò già precedentemente la sua avversione verso le associazioni massoniche: nel 1743 quando sospettò lo zampino massonico nella decisione della corte austriaca per la secolarizzazione dei beni del vescovado; nel 1744 quando si allarmò per lo sviluppo e l’incidenza della massoneria nelle città francesi di Nimes e Montpellier; nel 1749 quando intervenne a sostegno della proibizione della massoneria a Costantinopoli.
Passando all’analisi specifica dei sei punti, il primo stigmatizzava che << in tali società e conventicole possano riunirsi vicendevolmente uomini di qualsiasi religione e setta; è chiaro quale danno si possa arrecare alla purezza della Religione Cattolica>>. Il danno arrecabile era l’ecumenismo, finalmente emerso dalla Chiesa Cattolica solo dopo oltre un secolo, col Concilio Vaticano II.
Il secondo motivo di censura riguardava << la stretta e impenetrabile promessa di segreto, in forza del quale si nasconde ciò che si fa in queste adunanze>>. Il terzo motivo riguardava << il giuramento con il quale s’impegnano ad osservare inviolabilmente detto segreto, quasi che sia lecito a qualcuno, interrogato da legittimo potere, con la scusa di qualche promessa o giuramento, di sottrarsi all’obbligo di confessare tutto ciò che si ricerca, per conoscere se in tali conventicole si faccia qualche cosa contraria alla stabilità ed alle leggi della Religione e della Repubblica>>. Erano queste motivazioni già affrontate nella precedente bolla di papa Clemente XII, tanto che la bolla Providas la riporta integralmente. Allora, in cosa si differenzia questo provvedimento antimassonico rispetto al precedente? Dal rapporto con le autorità civili.
La quarta censura critica infatti che << queste società si oppongono alle sanzioni civili non meno che alle canoniche, tenuto conto, appunto, che ai sensi del Diritto Civile si vietano tutti i Collegi e le adunanze formati senza la pubblica autorità>>, ovvero tali sodalizi non erano sottoposti a controllo né dell’autorità civile né di quella religiosa, tanto è vero che, conseguentemente, passando alla quinta censura, << in molti paesi le citate società ed aggregazioni sono state già proscritte e bandite con leggi dei principi secolari>>, sollecitando così l’intervento del braccio secolare per reprimere le associazioni massoniche nei loro territori. L’ultima motivazione di condanna era la pessima reputazione di cui godevano le associazioni massoniche da quell’opinione pubblica formata da <<uomini prudenti ed onesti>> secondo cui << chiunque si iscriveva ad esse incorreva nella taccia di pravità e perversione>>.
Pubblicata la bolla il 18 maggio 1751, durante lo stesso anno sollecitò il cattolico Carlo III di Borbone, re di Napoli, ad adottare provvedimenti conseguenziali, che il sovrano accettò pronunziando l’editto, pubblicato il 13 luglio <<foggiato secondo il di Lei savio parere, con l’impegno di troncare e dissipare affatto questa infame setta>>, come ebbe a precisargli nella loro nutrita corrispondenza. Però, dell’infame setta sia il sovrano che il papa non avevano idee chiare e soprattutto realistiche, tanto che i massoni non si sentirono affatto coinvolti da tale provvedimento in quanto non si riconoscevano come ivi descritti, tanto è vero che, secondo lo storico gesuita José Antonio Ferrer Benimeli, in quel periodo furono circa duemila già solo gli ecclesiastici iscritti alle logge massoniche.