Nel 1935 con l’invasione dell’Etiopia si consolida il regime fascista in Italia, nasce l’Impero con Vittorio Emanuele III, con conseguente sconforto della massoneria in esilio ed in clandestinità, che vedeva sempre più allontanarsi la speranza di una crisi di regime e di un ritorno alla democrazia, con conseguente rientro in patria. Il Grande Oriente in esilio, con sede in Francia, a Parigi vive la sua crisi forse più pesante, con l’abbandono del suo ex Gran Maestro Arturo Labriola, che sopraffatto dalle difficoltà china il capo e fa atto di obbedienza al fascismo, riaccolto in patria con ogni riguardo.
Tutto ciò si rifletteva all’interno della struttura massonica in esilio comportando tensioni e contrasti tra i vari membri, come Mario Angeloni e Giuseppe Leti, sia tra la Concentrazione Antifascista, di cui il Grande Oriente era membro importante, e la formazione dei fratelli Rosselli, Giustizia e Libertà.
L’occasione di svolta la portò la vicina Spagna, ove alla fine della dittatura si svolsero libere elezioni per una svolta di regime, con la vittoria dei sostenitori della repubblica. Si instaurò quindi un governo repubblicano che seguì la via laica, tentando di affrancarsi dalle pesanti eredità del passato, tra cui l’ingerenza della Chiesa Cattolica negli affari di stato. Ma a tale ingerenza se ne istituì un’altra, quella comunista, eterodiretta dall’URSS staliniana.
Il malcontento che si diffuse nel paese, affatto pronto ad una riforma repentina del sistema sociale e politico, lo spostamento degli assi di interessi economici, oltre ad eccessi ideologici sia dell’estrema destra che dell’estrema sinistra, costituirono la base per l’alzamiento, il colpo di stato da parte dei militari, capeggiati dal generale Francisco Franco Bahamonte, innescando un’inevitabile guerra civile, che durò dal 1936 al 1939.
Il mondo libero salutò dapprima l’avvento della repubblica con entusiasmo, esprimendo poi indignazione a seguito del colpo di stato. La guerra civile segnò un momento che esorbitava dalla semplice questione locale per presentarsi come uno scontro tra il mondo libero, rappresentato da Stati Uniti d’America, Cuba, , e gli esuli politici d’Europa e del Sud America, oltre l’URSS, da una parte, e gli stati totalitari, rappresentati da stati come l’Italia fascista, la Germania nazista, e la Spagna franchista dall’altra.
Le centrali europee degli esuli antifascisti, sparsi tra Francia, Svizzera, Regno Unito, Sud America, Italia, furono concordi a partecipare attivamente alla lotta per la libertà, inviando volontari in Spagna, al motto augurale di Carlo Rosselli “Oggi in Spagna, domani in Italia”, rimediando così all’errore politico delle opposizioni democratiche commesso una decina d’anni prima con la politica “aventiniana”, cioè di astensione di qualsiasi rapporto col fascismo, lasciandogli quindi ogni campo libero.
Dal Grande Oriente dell’esilio partì un gruppo cospicuo di massoni, provenienti da varie parti d’Europa e d’oltreoceano, di cui sono stati individuati finora circa una ventina di nomi a cominciare da Randolfo Pacciardi, Giorgio Braccialarghe, Francesco Fausto Nitti, Aurelio Natoli, Giuseppe Chiostergi, Felice Vischioni e Umberto Calosso, tanto per citare qualche nome universalmente noto nella politica del dopoguerra nella ricostruzione morale, culturale ed istituzionale del Paese, distribuiti in formazioni politiche rigorosamente laiche (repubblicani e socialisti). Ma molti altri partecipanti erano acquisirono notorietà nei loro territori di provenienza, come Augusto Mione (imprenditore edile in Francia e benefattore nella natia Lential in Veneto), Arturo Buleghin (trevigiano, co-fondatore del Movimento Federalista Europeo), Nicola Chiaromonte (intellettuale, filosofo, promotore culturale), Silvio Stringari (giornalista veneto, repubblicano mazziniano, libero-pensatore), Enzo Luigi Fantozzi (anarchico livornese),Giobbe Giobb (repubblicano veneto, nel dopoguerra emigrò in Messico lavorando come ingegnere).
Morirono in combattimento Mario Angeloni, Giordano Viezzoli, Pietro Jacchia, Mario Rietti, Antonio Costa, Libero Battistelli, Antonio Silveri, Bruno Lugli, Giuseppe Venturi.
Sopravvissero alla guerra ma non videro l’alba delle libertà democratiche Ugo Cristofoletti (1943), Silvio Trentin (1944), e Luigi Campolonghi (1944).