Non si può comprendere la personalità, e in particolare la formazione di Salvador Allende se non si considera la precoce e profonda influenza che esercitò su di lui la figura del nonno paterno Ramon Allende, personaggio di primo piano della storia cilena e della Massoneria, che tuttavia lui non conobbe.
Originario di Valparaiso, Ramon Allende (1845-1884), si distinse per il suo spirito filantropico (da medico curava gratuitamente gli ammalati poveri), fondatore della prima scuola laica per bambini poveri, la Blas Cuevas, e Gran Maestro della Gran Loggia del Cile.
Il nipote Salvador Allende Gossens nacque il 26 giugno 1908, dopo aver conseguito il diploma di scuola superiore dichiarò di voler diventare come il nonno e come lui studiare medicina per aiutare i poveri e i bisognosi. Il padre di Salvador, anch’egli con lo stesso nome, anch’egli massone, lasciò al figlio un’eredità di un’educazione improntata all’onestà e alla libertà. Il giovane Salvador, imprigionato per le sue opinioni politiche, ebbe il permesso di salutare il padre sul letto di morte e in quella occasione dichiarò che avrebbe consacrato la sua vita alla lotta sociale. Rappresentante dell’assemblea degli studenti all’Università del Cile, il Salvador non era alieno dalla passione sportiva, di cui era campione nelle discipline del decathlon e del nuoto, oltre auna passione per l’equitazione che l’ accompagnò per tutta la vita.
A Valparaiso un suo amico, Jorge Grove Vallejo, dentista e Venerabile della Loggia “Progresso” n. 4 gli propose l’iniziazione. Salvador fu molto impressionato dalla cerimonia del rito di iniziazione che si svolse il 16 novembre 1935, e già in quella circostanza dette ai Fratelli il proprio biglietto da visita racchiuso nel testamento massonico. Alla domanda sui doveri dell’uomo verso i suoi simili Allende rispose che l’uomo non è che un ingranaggio del conglomerato sociale, di conseguenza deve essere al servizio dei suoi simili; alla domanda sui doveri verso se stesso rispose che deve organizzare la sua esistenza in sintonia con un chiaro concetto dei suoi obblighi, doveri e diritti che sono sottomessi ai doveri e ai diritti degli altri, e alla domanda riguardante la speranza del ricordo di sé rispose che come un uomo che ha adempiuto all’obbligo di cui è onerato, un uomo utile alla società, alla quotidiana ricerca del perfezionamento spirituale, morale e materiale.
All’età di 29 anni, il 27 ottobre 1937, fu ricevuto Compagno e nello stesso anno fu eletto deputato del partito socialista. Si trasferì a Santiago dove l’8 novembre del 1940 entrò nella Loggia “Hiram” n. 65, dove il 31 ottobre 1945 fu elevato al grado di Maestro, e il successivo anno fu eletto Giudice del Tribunale di Loggia, carica che conservò per altri due anni, per assumere nel biennio successivo1949-1950 la carica di Primo Sorvegliante. Gli impegni professionali, familiari (sposato e padre di tre bambine) e politici, non gli impedirono di adempiere gli obblighi massonici, che portò puntualmente a termine. Infatti dal 1950 al 1953 fu Venerabile della Loggia “Hiram” n. 65, fiore all’occhiello della massoneria cilena sia per la qualità dei suoi membri che per l’impostazione data. La Loggia, infatti, era composta in prevalenza di socialisti che testimoniavano nella società civile il loro anelito alla libertà senza tuttavia venir meno ai loro doveri massonici.
Per proteggere l’Ordine dagli attacchi alla sua persona, Allende presentò il 21 giugno 1965 la lettera di assonnamento al Venerabile del momento, Luis Olguin Blanco. Come vedeva l’esperienza massonica? Come il fascino permanente di un livello più alto: il superamento dell’uomo su se stesso. Il simbolismo da lui visto come bellezza intrinseca, traboccante d’immagini, che vanno oltre il senso freddo e preciso dei termini e che fanno vibrare in modo suggestivo tutte le corde dell’immaginazione, dell’interpretazione e dei sentimenti.
Allende spiegava ai Fratelli che
“un massone autenticamente formato non poteva vivere di principi astratti e avulsi dalla realtà quotidiana che ogni giorno interrogava la società, una realtà complessa piena di speranze di costruire una nuova società che avesse alla base il progetto di liberazione integrale dell’uomo, liberazione non solo spirituale ma anche materiale, economica. Quale doveva essere quindi il posto dell’Ordine? Se da un lato non poteva certamente dettare formule per risolvere i problemi reali a pena di trasformarsi in un partito politico, dall’altro non poteva disinteressarsi di una realtà così radicata perché la diminuzione qualitativa e quantitativa degli iscritti era la spia della distanza che si era creata tra l’Ordine e la società. Allora qual era il ruolo, anzi la missione, dell’Ordine nella società? Senza enunciare soluzioni, deve assicurare che i suoi membri definiscano con un modello attuale i principi di libertà, uguaglianza e fratellanza affinché nasca una società scevra di alienazione, eliminando la disoccupazione e i salari insufficienti, affinché possa sradicare certe malattie, affinché la morte non venga prima della sua ora, affinché esista un sistema di sicurezza sociale che funzioni correttamente ed efficacemente, affinché si elimini l’analfabetismo, affinché i vasti settori della cultura e le sue molteplici espressioni e creazioni si aprano a tutti, affinchè si riconosca il diritto all’alloggio, affinché il relax sia alla portata di tutti, tanto fisicamente che spiritualmente. Trasferendo questi principi all’Ordine internazionale, si eliminerà il sottosviluppo dei paesi, si garantirà la pace e si imporranno i diritti tra gli stati, al di là delle loro organizzazioni o del loro potere bellico Se l’Ordine accet -ta di assumersi una tale attitudine, conforme alle responsabilità del momento, non potrà restare in silenzio e rinchiudersi nei templi… Ma un Ordine che tace quando si semina il terrore psicologico nella nostra vita civile non ha alcun valore spirituale. Un Ordine che non fa nulla per proteggere la sovranità e la libera scelta dei popoli è anche senza vita. Un Ordine che non dice nulla quando si invade e si massacrano i popoli perché una nazione si riserva il diritto di determinare, sola o per mezzo della sua potenza armata, quale sistema politico ed economico è accettabile o no, è un’istituzione che non veglia sulla libertà, l’uguaglianza e la fraternità. Nessuno può dedurre sulla base di queste considerazioni che io aspiri a che l’ordine diventi un movimento politico. Gli chiedo semplicemente di formare i suoi membri ai principi che sono la sua ragion d’essere trasferendoli nel mondo attuale“.
Dopo quarantacinque giorni la Camera dei Maestri rigettò all’unanimità la richiesta di assonnamento del Fratello presidente, con legittima soddisfazione osservando una “identificazione così precisa e che concorda con le nostre proprie convinzioni”.
Dai documenti massonici disponibili su Allende la tavola orale esposta la sera della tornata del 14 aprile 1970 nel Tempio maggiore della Gran Loggia del Cile assume la più significativa importanza perché costituisce la summa del pensiero massonico di Allende e il suo programma da Presidente del Cile, carica da poco tempo rivestita. Tale documento è la base su cui successivamente nella tornata della Gran Loggia di Colombia tenutasi a Bogotà il 28 agosto 1971 ma anche all’Assemblea delle Nazioni Unite nel dicembre del 1972, ove scatenò un’ovazione generale da parte di tutti i paesi, tranne che degli Stati Uniti. Era stato duramente attaccato dai media argentini di area conservatrice, che, falliti i tentativi di adombrarne la figura per l’appartenenza massonica, studiarono di attaccarlo per il suo marxismo quale rinnegamento del massonismo. Questa critica fece presa su alcuni ambienti massonici, che criticavano l’apertura al mondo profano in favore del ripiegamento sul perfezionamento interiore o su operazioni meramente filantropiche. Allende spiegò nel suo intervento che l’impegno sociale faceva già parte della tradizione storica della Massoneria cilena, citando fatti e personaggi massonici che hanno conformato la storia del paese. In quella circostanza sottolineò la sua gelosa appartenenza alla famiglia massonica:
“Per tre o quattro volte nella mia famiglia politica, quando per ignoranza o per intransigenza si è voluto escludere i massoni dal partito socialista, ho adempiuto al mio più elementare dovere e ho segnalato che ero massone regolare e attivo, e che il giorno in cui il partito avrebbe confermato tale incompatibilità, avrei abbandonato il mio posto nel partito; nello stesso modo non avrei esitato ad abbandonare la Massoneria se un giorno l’ordine, cosa inimmaginabile, si sognasse di porre limiti al pensiero di un Fratello“.
Per lui la Massoneria è in fondo la “vocazione di servire gli altri”, e questa istituzione non essendo una setta né un partito, cerca nell’uomo la possibilità di agire nel mondo profano, augurandosi che il massone prenda coscienza del suo desiderio di diventare un uomo libero e perfetto:
“Se la Massoneria non agisce collettivamente ma individualmente, come intermediaria di uomini, lontano dai templi, è normale che i profani si immaginino che l’intervento dei massoni nell’ambito sociale segua il pensiero massonico e sia di conseguenza un atteggiamento soggettivo.… Come dimenticare le grandi lotte che i massoni hanno portato avanti, fedeli a questa grande preoccupazione nata nei templi, cioè che l’uomo possa esprimere liberamente il proprio pensiero, e pertanto la necessità di creare le condizioni favorevoli alla conoscenza che una società rifiuta alle grandi masse senza mezzi economici, senza l’accesso all’educazione, per non parlare della cultura, spiegando il ruolo e la responsabilità sociale del massone contemporaneo di fronte ai complessi problemi sociali del paese. Il massone, che ha la possibilità di vedere al di là dei limiti, di comparare, di scoprire la propria fede e le proprie convinzioni attraverso lo studio, sviluppa una sensibilità sociale che gli consente di comprendere la novità dell’inquietudine individuale e collettiva e di tradurre realisticamente i concetti tradizionali: Ai nostri giorni nessuno penserebbe che basta lottare per una libertà astratta, per il diritto di esprimere la propria opinione, diritto che peraltro non si riconosce alle grandi masse. L’uomo sa di essere prigioniero di una realtà che lo rende più schiavo di quando esisteva lo schiavismo, e ancora più crudelmente perché l’uomo d’oggi, contrariamente allo schiavo, può informarsi, sapere cosa succede nella sua città, nella sua provincia, nel suo paese, nel mondo. Allora come possiamo noi massoni, noi che lottiamo per l’uguaglianza, la fraternità e la libertà, come possiamo restare al margine di questo movimento che dal mondo arriva sino al Cile? Forse si sono dimenticati gli accordi della prima assemblea massonica, in cui la Massoneria invocava la pace nel mondo, la giustizia e la fratellanza dei popoli?”.
In questo sforzo di interpretazione e di analisi della realtà, secondo Allende, poteva utilizzarsi lo strumento del marxismo, in quanto un massone può apprezzare la storia grazie al metodo scientifico del marxismo senza tuttavia rinunziare ai propri principi massonici. Così, di conseguenza spiegava che
“Non può esserci fratellanza in un mondo dove il potente schiaccia il piccolo né quando i popoli sono dissanguati da altri paesi che li affamano economicamente“.
Insisteva costantemente sulla responsabilità sociale del massone, soprattutto del massone che riveste un ruolo di gestione:
“Nessuno può immaginare che un uomo che ha responsabilità di un’officina e che usa il maglietto, un uguale tra uguali, possa consentire che la coscienza dei massoni troverà pace fintanto che ai bambini mancheranno le scarpe, il latte, i quaderni. Ma la coscienza massonica sarà in pace? Avremo cari Fratelli la coscienza tranquilla? Metteremo questo dramma sotto silenzio?”.
Qual è quindi il ruolo del massone secondo Allende?
“Quello che il cileno cessi di essere preda della miseria morale e psicologica, vogliamo che il Cile possa partecipare al progresso scientifico e tecnico che vuole l’umanità svilupparsi non solo economicamente ma anche culturalmente, affinché il progresso dia un senso diverso della vita. Non posso immaginare che un massone rinunzi a vedere ciò che gli passa davanti. Per questo basta che un giorno si degni di vedere queste popolazioni emarginate e posare su di esse uno sguardo da massone“.
Il riferimento era alla guerra del Vietnam, ma anche alla rivoluzione giovanile del Sessantotto che infiammò i cuori di speranze e di rischi. Quindi, non bastava la sensibilità se essa non diveniva solidarietà, ed è per questo che Allende scese nelle miniere per portare conforto agli operai, perché i minatori non volevano la violenza ma avevano diritti:
“Il posto del massone è al fianco degli oppressi e deve gridare a gran voce la sua protesta dunque perché questo è un linguaggio che il massone deve usare, non deve fare appello alla tolleranza delle officine per essere ascoltato, perché è l’essenza stessa della sua convinzione basata sui principi che ha imparato qui (n.d.t. in Loggia)”.
Allende avvertiva dolorosamente il distacco da una certa parte della Massoneria cilena, fredda di fronte a tali sollecitazioni (“ciò che mi rammarica nella mie convinzioni è la tiepidezza della fratellanza che riscontro”). La tavola concludeva in un finale lirico, come l’I have a dream di Martin Luther King, secondo il miglior gusto oratorio:
“Non vogliamo la violenza. Non abbiamo bisogno della violenza. La violenza rivoluzionaria è la risposta alla violenza reazionaria. Che ricorrano altri alla violenza giacchè hanno modo di usarla. Noi sogniamo un governo forte, indipendente, che non si aggrappi alle forze armate ma certamente alla forza morale, all’unità del popolo e alla responsabilità collettiva. Noi sogniamo un giorno in cui il professore dell’ università considererà il contadino e l’operaio come degli uomini simili a lui. Un giorno in cui l’uomo comprenderà che la donna non è soltanto oggetto di piacere o di sfruttamento. Noi sogniamo una società diversa e siamo pronti a lottare per questo, traendo lezioni dalla storia senza esserne semplici imitatori“.
Il 28 ottobre 1970 Allende si presentò alla Gran Loggia del Cile in una tornata straordinaria di circa mille presenti, retta dal Gran Maestro Renè Garcia Valenzuela, e alla presenza, tra gli altri, di Pedro Castelblanco Aguero, Sovrano Gran Commendatore del RSAA. In questa cerimonia il Gran Maestro assicurò l’appoggio di tutta la comunione al Fratello Presidente, e Allende ebbe l’occasione di esporre il suo programma di governo, ispirato all’esigenza di indipendenza del Cile per il suo miglioramento economico e di qualità della vita del suo popolo. In tale occasione ebbe modo non solo di reiterare la sua fedeltà all’appartenenza massonica, ma anche quello di precisare che la sua visione marxista era relativa al metodo di interpretazione della storia e non al metodo di governo. Concluse il suo intervento augurandosi che fintanto sarebbe restato Presidente di essere un massone rispettoso di quanto scritto nel Gabinetto di Riflessione quando iniziò il cammino nell’Ordine. Nei suoi viaggi presidenziali non mancò di accettare gli inviti delle massonerie locali, come in Equador o in Colombia o in Messico, ove spiegava il suo programma massonico marxista di governo della società cilena.
Sebbene fosse seguito dalle massonerie latino-americane come un moderno riformatore dell’istituzione massonica, restava un enigma per i Fratelli massoni americani, che nella rivista dell’Arco Reale nel novembre del 1972 non si capacitavano delle coesistenti qualità di marxista e di massone nella persona di Allende, essendo il marxismo ateo, e avendo la Massoneria l’obbligo della credenza in Dio.
Dopo la sua tragica morte, in quell’11 settembre 1973 quando fu assassinato nel suo ufficio presidenziale con una raffica di mitra dai militari golpisti del generale Augusto Pinochet, si verificò una polemica scissione nella Gran Loggia da parte dei massoni più vicini ad Allende, che non tollerarono l’equidistanza dell’Istituzione di fronte al regime, posizione che si spinse sino alla collusione con l’adesione attiva alla dittatura proprio di quel Pedro Castelblanco Aguero, Sovrano RSAA. Ebbe così origine il 21 giugno 1984 il Grande Oriente del Cile in esilio, costituito a Parigi nel Grande Oriente di Francia, che si prefiggeva di continuare il magistero di Allende contrapponendosi alla collaborazionista Gran Loggia, che deteneva i riconoscimenti inglesi e americani delle Massonerie “regolari”.
A proposito di contrapposizione, si può forse rendere un aiuto alla chiarezza dissipando un fastidioso mormorio, precisando che anche il dittatore cileno Augusto Pinochet ricevette la luce massonica. Fu iniziato nel 1937 nella Loggia “Victoire” n. 15 di San Bernardo, un paese a circa 15 km a sud di Santiago, quando era tenente dell’esercito appena sfornato dall’accademia militare. Frequentò per sei mesi, poi fu trasferito e si assonnò.
Esistono dieci logge nel mondo a portare come titolo distintivo il nome del presidente massone martire, perpetuandone il pensiero. Una di queste si trova in Italia, a Taranto, fa parte dell’Ordine Massonico Tradizionale Italiano.