Nicola Gratteri, noto magistrato antimafia della Calabria ha menzionato nel suo libro Storia segreta dell’ndrangheta scritto a quattro mani con Antonio Nicaso, una vicenda criminale di cui sino a qualche anno fa non si sapeva nulla, né chi erano i mandanti né gli esecutori né il movente dell’assassinio di un magistrato, Francesco Ferlaino, avvocato generale dello Stato presso la Corte d’Appello di Catanzaro. Ferlaino fu ucciso il 3 luglio 1975 a Lamezia Terme con dei colpi di lupara sparati alle spalle da ignoti appostati in un’auto, mentre usciva dall’automobile di servizio per avvicinarsi al portone della sua abitazione.
Omicidio insoluto sino al 2014 quando un collaboratore di giustizia rivelò mandanti e motivi di tale omicidi eccellenti: il magistrato Ferlaino venne ucciso perché si ruppero gli equilibri all’interno della massoneria. Il Ferlaino era massone, e in quanto tale e ovviamente in quanto magistrato, si opponeva alla degenerazione della Massoneria, con la costituzione di logge segrete sfuggite al controllo degli organismi istituzionali massonici e diventate ben presto luogo di incontri criminali» che avrebbe provocato, quindi, la degenerazione della struttura massonica da organismo lecito ad illecito.
L’aspetto più amaro è che, secondo un altro collaboratore di giustizia, tra chi volle la sua eliminazione c’era un altro massone, il senatore Antonino Murmura. Tanto è emerso dalla stampa calabrese, ricordato anche da Gratteri, ed è importante che lo abbia ricordato Gratteri, un magistrato che conosce bene i meccanismi dell’ndrangheta calabrese, e sta imparando a conoscere bene i meccanismi molto più sofisticati della Massoneria deviata. Non si sa quando e dove Ferlaino fu iniziato massone, ma si può però ipotizzare che lo sia stato in una Comunione di Rito Scozzese di tradizione Piazza del Gesù, in quanto risulta che fosse un fervente cattolico. Anche se non impossibile è piuttosto improbabile che un fervente cattolico facesse parte del Grande Oriente, che in quel periodo si contrassegnava per un orientamento decisamente laico.
La tragica vicenda del Fratello Ferlaino invera il monito contenuto in un rituale di iniziazione al grado di Apprendista, in passo in cui il maestro venerabile dice: “l’Ordine massonico nel quale chiedete di essere ammesso potrà forse, un giorno, chiedervi di versare il vostro sangue per la propria difesa e per quella dei Fratelli: se vi esporrete a versare il vostro sangue, che sia sempre per una causa giusta!“. E Ferlaino versò il suo sangue per la causa giusta: la difesa della Massoneria. A differenza di certi omuncoli che si sono riempiti pubblicamente la bocca delle stesse parole, ma che in realtà pensavano e agivano al contrario.
Sfata anche un altro luogo comune: il magistrato non può aderire alla loggia massonica perché metterebbe a rischio la sua imparzialità. Questo esempio clamoroso del martirio di Ferlaino smentisce tale vulgata, anche se si deve, per onestà intellettuale, riconoscere che nei tempi attuali è effettivamente rischioso per la serenità non solo del magistrato, ma di qualsiasi uomo di potere, far parte di una loggia massonica in questo momento di grave crisi delle maggiori obbedienze italiane. Si dovrà attendere tempi migliori, fuori dalla tempesta, e in piena armonia con le pubbliche istituzioni, magari col varo di una legge che porti la trasparenza assoluta delle associazioni massoniche, affinché anche la classe dei magistrati possa tornare a frequentare legittimamente e serenamente le logge massoniche senza pregiudizio e sospetto alcuno.