La dialettica interna nel partito aveva sviluppato due corrente, una radicale massimalista, che porterà dapprima al distacco di Mussolini per fondare il Fasci di Combattimento, l’altra con Amadeo Bordiga, che porterà nel 1921 al distacco ed alla costituzione del Partito Comunista d’Italia; l’altra corrente, quella riformista, ove militavano i massoni, soprattutto del Grande Oriente di Palazzo Giustiniani.

Orazio Raimondo
Orazio Raimondo

Già in precedenti occasioni, a partire dal 1904, con tre referendum bocciati, qualcuno, come Mussolini, tentò di guadagnare la decisione dell’incompatibilità, scontrandosi soprattutto con l’ala riformista allora maggioritaria. L’ala massimalista criticava la Massoneria per  il suo carattere borghese, perché non dava sufficienti garanzie di quella lotta per il consenso popolare e per la sovranità popolare che essa si proponeva.

Al Congresso del 1914 sul tema della incompatibilità con la Massoneria si creò una saldatura tra le due anime del partito, con il contributo di autorevoli esponenti, come l’intellettuale ucraina Angelica Balabanoff, favorevoli all’espulsione dei massoni. Quali erano le rispettive posizioni? La posizione di Mussolini, rappresentata dal deputato di Reggio Emilia Giovanni Zibordi, era quella dell’incompatibilità sanzionata dall’espulsione dal partito degli iscritti alla Massoneria che non avessero lasciato la Loggia; la tesi contraria della piena legittimità dei massoni all’impegno partitico fu sostenuta dal massone Alfredo Poggi, sostenuto da Giovanni Lerda e dal deputato sanremese Orazio Raimondo, che ricordando le benemerenze dei massoni nei confronti dei socialisti, cui avevano dato diritto di asilo nelle loro Logge durante i tragici fatti del 1898 quando il governo Pelloux sciolse le organizzazioni socialiste, prospettò soluzioni contrarie all’infamante espulsione.

Alfredo Poggi
Alfredo Poggi

A questi si aggiunse la posizione del deputato Giacomo Matteotti, contro la tesi di Mussolini, cui rivolse durante il dibattito congressuale un monito profetico (“Dovunque tu andrai porterai rovina”), ed una quarta posizione, rappresentata da Raffaele Montanari, favorevole ad un assoluto disinteresse verso la questione.

Il problema, quindi, non appariva di facile soluzione, né il risultato fu unanime, come sperava Mussolini, tant’é che venne calcolato il 20% di opposizioni, circa 7500 astensioni dal voto su 34.152 iscritti. Fu la prima vittoria di Mussolini contro la Massoneria, che sarà buona esperienza per la seconda vittoria, la dichiarazione di incompatibilità del Fascismo nella riunione del Gran Consiglio del 1923.

Per completezza di informazione, c’è da precisare che nel secondo dopoguerra fu ribadita la posizione intransigente del PSI nei confronti della Massoneria. Tuttavia, i rapporti tra le due istituzioni furono ottimi grazie alla politica di Pietro Nenni, che pur non essendo formalmente massone era molto vicino a posizioni massoniche.